Nel grande dibattito sul futuro del lavoro, l’industria tecnologica sembra dividersi in due fronti distinti. Da un lato, c’è chi è convinto che, a parte forse il proprio, ogni mestiere finirà per essere svolto da un bot (persino un noto venture capitalist sembra credere che il suo ruolo di investitore sia immune all’automazione). Dall’altro, c’è la visione di robot che si occupano dei lavori più pesanti e ripetitivi, diventando quasi dei “colleghi” digitali, mentre noi esseri umani ci reinventiamo in ruoli completamente nuovi, nati proprio da questa rivoluzione.
Quest’ultima ipotesi, a dire il vero, sembra più in linea con la storia: le grandi trasformazioni tecnologiche hanno spesso distrutto vecchi lavori ma ne hanno creati di nuovi. Il World Economic Forum, ad esempio, stima che le attuali tendenze tecnologiche porteranno alla scomparsa di 92 milioni di ruoli, ma al contempo ne faranno nascere ben 170 milioni.
Ma cosa significa tutto questo per chi non ha la possibilità, o semplicemente l’interesse, di tuffarsi a capofitto nell’intelligenza artificiale o nel machine learning? Per le persone che oggi lavorano con le mani, magari in un magazzino, come si immagina il loro domani in un mondo popolato da bot?
Amazon, con un annuncio recente, ci ha dato un assaggio di come potrebbe essere una di queste strade. Hanno presentato “Vulcan”, un robot innovativo per i magazzini, capace persino di “sentire” gli oggetti. Il CEO Andy Jassy l’ha descritto come un aiuto per rendere il lavoro più sicuro, liberando gli esseri umani da compiti faticosi e aprendo nuove opportunità di crescita, magari nella manutenzione di questi stessi robot.
Nel post sul blog di Amazon, si legge come Vulcan lavorerà al fianco degli operatori umani, prendendo gli oggetti dagli scaffali più alti e più bassi, quelli che richiedono di allungarsi o piegarsi continuamente. Gli esseri umani si concentreranno sugli articoli a portata di mano o su quelli che, per qualche motivo, il nuovo robot “sensibile” non riesce ancora a gestire. Subito dopo, Amazon menziona come stiano già formando un piccolo gruppo di lavoratori per diventare tecnici robotici, mentre il bot si assume una parte sempre maggiore del compito di prelievo.
Si dice che questi robot, già coinvolti nel completare il 75% degli ordini, abbiano dato vita a centinaia di nuove figure professionali all’interno dell’azienda, dai “monitor robotici” agli ingegneri di manutenzione. E Amazon offre programmi di riqualificazione per aiutare alcuni dipendenti ad acquisire queste nuove competenze.
Certo, è realistico pensare che non tutti i lavoratori di magazzino diventeranno tecnici di robotica. Non è una sostituzione uno a uno, né tutti avranno l’inclinazione o il desiderio per questo tipo di lavoro. Ma il fatto che Amazon abbia scelto di parlare di questi programmi di riqualificazione proprio mentre presentava il suo robot più avanzato dice molto. È un indizio, forse il primo concreto per chi non lavora nell’high-tech, di un possibile futuro.
Un futuro dove, anziché essere completamente rimpiazzati, potremmo evolvere nel ruolo di “supervisori dell’automazione”. Pensiamo a chi oggi controlla le casse automatiche al supermercato, o a chi potrebbe un domani gestire i robot in cucina in un fast-food. Interagire con i robot, farli funzionare, potrebbe diventare una competenza base, un po’ come saper usare un computer oggi per trovare lavoro.
Ma c’è un’altra faccia della medaglia. Forse questo futuro dominato dai robot non è così imminente per tutti. L’automazione avanzata potrebbe rimanere a lungo appannaggio delle grandi aziende, come Amazon stessa o il settore manifatturiero di lusso. La maggior parte dei lavori nel commercio, nella ristorazione, nei trasporti potrebbe continuare a essere svolta da esseri umani per decenni. Basta guardare l’esperienza di Amazon Go: la loro tecnologia “just-walk-out”, pensata per eliminare i cassieri, non ha preso piede come previsto. Anzi, si è scoperto che si affidava pesantemente al lavoro umano a distanza per funzionare, e oggi è quasi scomparsa dai negozi.