C’è un nome che sta facendo molto parlare di sé nel mondo delle startup di AI agent: Manus AI. È considerata una delle più promettenti in circolazione, e non a caso ha da poco chiuso un round di finanziamento da 75 milioni di dollari, raggiungendo una valutazione di mezzo miliardo. Un successo notevole, guidato dal fondo Benchmark.
Ma l’entusiasmo per questo traguardo è stato subito affiancato da un’ombra di incertezza. Secondo quanto riportato da Semafor, citando due fonti anonime, l’investimento di Benchmark è finito sotto la lente d’ingrandimento del Dipartimento del Tesoro statunitense. L’obiettivo? Verificare se l’operazione rispetta le restrizioni imposte nel 2023 sugli investimenti in società cinesi.
I legali di Benchmark avrebbero dato il via libera all’investimento basandosi su un’interpretazione specifica. Sostengono che Manus non stia sviluppando modelli AI proprietari, ma agisca piuttosto come un “wrapper”, un involucro che utilizza e integra modelli esistenti. Inoltre, hanno sottolineato che la società non ha sede legale in Cina, essendo incorporata nelle isole Cayman. È una struttura piuttosto comune, in realtà, usata da molte aziende cinesi (come ad esempio Alibaba) per facilitare l’accesso a capitali stranieri.
Questa mossa di Benchmark non è passata inosservata nel settore. Ha attirato critiche esplicite, come quella di Delian Asparouhov, partner del fondo Founders Fund, che su X ha commentato con un sarcastico “wow, actions have consequences?”.
Al momento, la situazione resta in sospeso: né Benchmark, né Manus, né il Dipartimento del Tesoro hanno rilasciato commenti ufficiali in risposta alle richieste.